Il rock martellante e asciutto dei Rubbish Factory - Intervista


di Sisco Montalto - Divertirsi con un disco di questi tempi é davvero difficile e quando ti imbatti in progetti come quello dei Rubbish Factory, ci si sente rinvigoriti.   
Hanno da poco pubblicato il loro nuovo album The Sun.


Disco energico e incalzante che concede poche pause al relax e che non ti fa stare fermo per tutte e undici tracce. Un rock asciutto a tratti hard, che ricorda varie band (attuali) e influenze. 
Un duo che dà l'impressione di essere una band tradizionale per la pienezza e l'intensitá del suono.
Melodie efficaci e ritmate rendono appetibili i Rubbish, non solo agli amanti della musica tosta…e questo è un altro pregio.

Si è capito che mi sono piaciuti? 
Conosceteli meglio in questa intervista, magari vi incuriosiranno e piaceranno anche a voi…

-Ragazzi mi raccontate come nasce il progetto Rubbish Factory?        
“I Rubbish Factory nascono nell'estate del 2011, dopo un lungo periodo di gestazione con altri musicisti, all'interno, prima di una cover band dei Radiohead, poi di un gruppo rock italiano ancora esistente, i Golconda. L'idea di provare a scardinare l'assetto tradizionale di una band, proponendo una formula visiva e sonora essenziale, ci piacque subito e quindi iniziammo a lavorare ad alcuni brani, anche con l'intervento di elettronica, loopstation, synth. Volevamo individuare una forma di sottrazione per essere più diretti ed incisivi e, alla fine, decidemmo che il primo disco poteva e doveva rimanere nella forma di un duo, in tutti i sensi: chitarra e batteria, insieme alle nostre voci." 

-Si avverte nella vostra musica un certo minimalismo, è una cosa voluta in qualche modo (anche con la scelta del duo) o i vostri pezzi nascono naturalmente così?     
“Come dicevamo è una cosa voluta e che si è consolidata nel tempo, almeno nella previsione del nostro primo lavoro. Abbiamo sentito l'esigenza di raggiungere un'armonia compositiva, attraverso un accostamento "villano" e schietto degli strumenti. Un modo umile e arcaico di raggiungere un concetto, un discorso o racconto contenuto nel disco. Volevamo incollare e impastare il più possibile una sonorità rock, derivata dal punk, dal garage, dallo stoner, percorrendo sì una strada già battuta, ma con la nostra personalità, con le nostre idee nella testa, il nostro immaginario che, dopo tutto, viene inizialmente da altre passioni, da altri svezzamenti musicali."     

-E' più facile gestire un  progetto in duo e soprattutto quali sono i pregi e difetti dal punto di vista della composizione?
“Istintivamente affermeremmo che gestire un progetto in due sia più facile per diversi motivi: la composizione, che nasce molto spesso da jam-session e improvvisazioni; i tempi di spostamento per i live, destinati al carico/scarico degli strumenti o al sound-check; di conseguenza, i rapporti con un booking, ecc... Crediamo, però, che questa scelta nasconda delle difficoltà, associate, non tanto all'aspetto compositivo, quanto all'arrangiamento. Finora non abbiamo mai sentito l'esigenza di aggiungere synth, tastiere o altro ai pezzi del disco, ma probabilmente questo accadrà in futuro, per nuovi lavori e, allora, dovremo decidere di farci trapiantare nuovi arti per poter eseguire le nostre idee. Vogliamo rimanere in due, già.”

 -Trovo The Sun uno degli album più interessanti usciti ultimamente. Come si é sviluppato? 
"The Sun" è nato nella nostra sala prove, una piccola cantina romana molto graziosa, insonorizzata e tappezzata di gommapiuma e manifesti. Uno di questi viene da un gruppo che, come abbiamo già fatto capire, amiamo molto. L'autore di quest'opera è Stanley Donwood e le parole dipinte all'interno sono state usate per il nostro primo pezzo. 

Abbiamo riciclato la prima cosa che passava davanti ai nostri occhi: long, stay, vacant, oil, danger...Rimescolamento automatico di parole, di un immaginario così vicino a noi, da diventare totalmente opposto e distante. Il pezzo che apre il disco, "Bamsa", è quindi il primo pezzo che abbiamo scritto, uno schieramento di parole senza alcun legame previsto, premeditato. Sono concetti che colano come tempera, senza l'obbligo significare qualcosa, ma con l'invito a riformulare, a giocare coi suoni. 

In fondo, per noi italiani è più semplice giocare con alcuni suoni, in particolare quelli di una lingua che non ci appartiene per tradizione, come appunto l'inglese. Cantare in una lingua diversa è come suonare uno strumento il cui timbro è fortemente riconoscibile, il contenuto pure, ma non risulta mai didascalico e pedante."   

-Un album che vi rappresenta perfettamente? Sembra di si..
"Questo album è la nostra "fabbrica di spazzatura". Ci rappresenta in tutti i sensi, per i suoni che abbiamo voluto, per un immaginario che non è stato scovato, ma ha scovato noi. Siamo contenti di questo piccolo sole."  

- Sono varie le influenze che sembrano ispirarvi...ci sono tra queste, band o artisti italiani che seguite particolarmente?
“Sono numerose le band italiane che ci piacciono. Prima fra tutte i Verdena. Un'idea di band che ci portiamo dietro da quando eravamo ragazzini, un esempio di onestà e creatività musicale che ha intrapreso un percorso sempre originale e personale in Italia. Ottimi compositori, ottimi musicisti e intelligenti venditori di se stessi. Ma non sono gli unici che contribuiscono a dare credito al nostro panorama musicale. Vogliamo citare diverse band, almeno quelle che stimiamo, conosciamo e seguiamo: Lapingra, Sadside Project, Departure Avenue, Jennifer Gentle, I Quartieri, Zaibatzu, Groundwave, Dahandinthemiddle, Chewingum, Il Capro, Mamavegas, Molotoy.”

-Secondo voi oggi fare rock (e farlo in Italia) cosa significa?
“Oggi fare rock, purtroppo, assomiglia sempre di più al tentativo di proporre un grande esercizio di stile. Il contenuto, spesso, risulta fiacco, oppure spettacolare, ma derivativo; potrebbe significare molto di più, se ci fosse un rapporto col pubblico più naturale e partecipato. Ai concerti, spesso, si incontrano addetti ai lavori, critici nerd di fanzines o riviste più o meno importanti, musicisti che condividono con te la serata, dj che aspettano il loro turno per far ballare e tornare a casa con un po' di alcool in corpo e cento euro in tasca. Forse manca un po' di verità, un po' di sana rivoluzione. Molta filologia, ma pochi obbiettivi.”

-Prossimi progetti? Magari una capatina all'estero?
“Tra i prossimi progetti abbiamo in testa un nuovo videoclip, nuovi pezzi e chissà...andare all'estero ci piacerebbe moltissimo. Speriamo.”



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