Giuseppe Schillaci racconta i suoi Diane & The Shell e il prossimo live (sabato 26 ottobre 2013) alla Sala Lomax di Catania







di Sisco Montalto - Diane & the Shell ovvero una delle band più interessanti e originali  della vasta realtà musicale sotterranea.
Dieci anni di attività, tre album e tantissimi live non solo in Italia. Per questi motivi e per molti altri, (che magari scoprirete vedendoli ed ascoltandoli dal vivo, sabato 26 ottobre alla Lomax di Catania, teatro ormai da anni di imperdibili eventi musicali e non solo), se fossi in voi non me li perderei.

Sarà una sorta di celebrazione di una band tra le migliori del panorama siciliano ma anche delle tante facce che i Diane & the Shell esibiscono di tanto in tanto. 
Un serata di sperimentalismo, alti volumi  e soprattutto grande musica. 
Uno dei volti principali dei Diane & the Shell è Giuseppe Schillaci, che in questa breve intervista racconta un pezzettino della vita dei Diane (e della sua)…

-I Diane & the Shell hanno compiuto dieci anni di attività. Come si fa a rimanere tutto questo tempo insieme, soprattutto in un paese nel quale a fare musica e di un certo genere, si fa una faticaccia?
“Mi verrebbe da risponderti così come si vorrebbe bene a un figlio "particolare" . 
Ok, non è una risposta granché gentile o politically correct però non saprei come altro risponderti altrimenti si aprirebbe un dibattito inutile in cui dovrei spalare merda sul sistema economico - mediatico - indipendente italiano che ho deciso di ignorare. 
Diciamo che devi amare veramente l'arte del fare la musica dal vivo e concentrarti solo su di quello, che è l'unica cosa veramente importante, così come cercare di attirare le attenzioni del gentil sesso non appena si scende dal palco dopo un concerto.
È una questione di passione, o ce l'hai o non ce l'hai.
Se non ce l'hai cazzi tuoi.”

-L'ultimo disco dei Diane & the Shell, nel 2011, ebbe un buon successo di critica. A livello di pubblico invece?
“Non lo abbiamo mai suonato veramente dal vivo, ci siamo presi una pausa subito dopo averlo pubblicato. Ricordo che qualche brano che già suonavamo live nei tour precedenti sembrava essere gradito dagli ascoltatori. Poi non lo so, per noi è un successo di pubblico già quando una singola persona ascolta con attenzione la nostra musica. Anche se vorremmo essere nelle top ten Hawaiane e vivere da rockstar in paesi tropicali.”

-A proposito, quando un nuovo disco?
“Nel 2018 stando alla nostra pigrizia. Anzi, rilancio e chiedo a te che sei un ascoltatore attento: "Secondo te ha senso per una band come i D.a.t.s. fare un quarto disco?" 
È quello che ci chiediamo spesso senza trovare risposte. Cioè per noi si, ma il mondo necessita di un altro disco dei D.a.t.s.?
Sai una volta passati i 30 e arrivati nel mondo degli adulti si può rimorchiare lo stesso anche senza fare gli artisti finto disadattati. Rileggevo qualche intervista del passato prima di rispondere a questa, “sembravamo” mossi soltanto da pulsioni sociali verso il gentil sesso come primo motore del fare-la-musica.
Mio dio che periodo difficile la tarda adolescenza e poi il decennio che ne consegue.
Dammi qualche spunto/motivazione per un fare un disco nuovo, ti prego!”

"Purtroppo potrei darti tanti buoni motivi per non fare un altro disco, tanto in questo paese la distrazione verso certe cose è sconcertante, però da fan (e ce ne sono tanti fortunatamente) della buona musica dico che sarebbe un peccato se non lo faceste..."

-Avete suonato anche all'estero. Che differenze avete notato con l’Italia?
“Non starò qui a fare un trattatello sociologico su uguaglianze e differenze della società occidentale in musica, però mi sa che a parte quelle rare eccezioni che confermano la regola, all'estero capita che non ti scassano la minchia con la storia di abbassare i volumi cosa che negli ultimi 10 anni mi ha procurato scherzi con i proprietari dei club italiani. Sarà che forse insonorizzano meglio, sarà che il sistema funziona meglio ma qui in Italia, sotto la seconda fascia (la storia delle fasce cercatela su internet deriva da un articolo interessantissimo di Umberto Palazzo che faceva i conti in tasca agli indie italici) hai a che fare con club in cui “DEVI ABBASSARE IL VOLUME”.
Sta minchia rispondo io! Vale per altre musiche, non per i diane, il nostro presupposto è suonare fortissimo. Amen, siamo degli insensibili, chiamateci stronzi, siamo più punk di chi suona punk in realtà.”

-L'evento di sabato alla Lomax vedrà protagoniste le molteplici facce di Diane & the Shell (Trioclit e Near The Blockhouse). Come nasce l'idea di questa serata?
“Perchè avere una sola band quando in 5 musicisti ne abbiamo 3? Suoniamo di più, facciamo “evento” e diamo 2 ore di musica agli spettatori. Due opening is megl che uan.
Siamo egocentrici. No, è che è il sistema famiglia D.a.t.s che s'è messo in moto sto giro e sai com'è, la famiglia quando si siede a tavola lo fa tutti assieme e ci sta un bel po' a magnare. Tutti-insieme-appassionatamente.”

-Avete fatto dello sperimentalismo quasi una ragione di vita. La vostra ispirazione è tanta da dover confluire anche in altri progetti…
“Vogliamo di più e non ci basta mai. No, è che dopo la pubblicazione di Barabolero avevamo voglia di fare altro. E sono nate le derive più spensierate di Trioclit e Near The Blockhouse. C'è stato un periodo che coi Diane ci stressavamo da morire.”

-Cosa hanno in comune (e cosa di diverso) i tre progetti oltre naturalmente ai musicisti?
“I presupposti di partenza credo siano diversi, Trioclit è una roba totalmente improntata alla libertà catartica della rumoristica modulata, cioè improvvisiamo mescolando punk & jazz, Near The Blockhouse è più un progetto di Johnny/Emanuele, ma è più di stampo post rock e meno math secondo me."

-Se dovessi invogliare la gente a venire all’evento di sabato alla Lomax cosa diresti? 
"Questa è una domanda difficile. Posso solo dire che c'è un gruppo che ha fatto 3 dischi in 10 anni ed è stato creduto da una marginale fetta di civiltà occidentale. Abbiamo suonato negli States che avevamo 26 anni che per me ancora oggi è un piccolo record, abbiamo suonato a Londra che ne avevamo 23 e io portavo ancora il pizzetto metal-style, che ci siamo girati lungo in largo l'Italia e che una volta abbiamo riattaccato una marmitta di una fiat Punto con un po' di corda mentre eravamo in panne durante un tour in Irlanda al ritorno da Belfast, che abbiamo danzato col Valzer del Moscellino in una fredda notte a Verona, che abbiamo litigato perché qualcuno russava e qualcun altro non prendeva sonno, che abbiamo litigato durante un dayoff negli states per capire se il dayoff contava per l'autista sobrio designato o se si poteva tracannare della birra anche lui quella sera...tutto questo dovrebbe contare qualcosa, è storia!"

Questi e altri aneddoti sono tutti inclusi nello spettacolo live che facciamo.
Ok forse otterrò l'effetto contrario....



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